Lo sguardo del cinema
Nel 1948 Vittorio De Sica girò Ladri di biciclette, universalmente considerato il suo capolavoro e il paradigma del cinema neorealista. Protagonisti della storia sono Roma e la sua gente, i suoi sogni e le sue difficoltà, la vita quotidiana. In questa prospettiva popolare non poteva mancare il Monte di Pietà.
La storia è nota: nella poverissima Roma del secondo dopoguerra seguiamo le vicende di Antonio Ricci, un padre di famiglia in disperata ricerca di un lavoro. L’ufficio di collocamento gli propone un incarico di attacchino comunale, posto sicuro e ben retribuito, per il quale però serve di poter disporre di una bicicletta. Antonio l’avrebbe, ma è impegnata al Monte di Pietà. Maria, la moglie, decide quindi di dare in pegno tutte le lenzuola per poterla riscattare.
Antonio comincia il lavoro pieno di speranza, ma proprio il primo giorno la bicicletta gli viene rubata, infrangendo tutti i suoi sogni di costruire un futuro migliore per sé e la famiglia. La bicicletta non verrà mai ritrovata e nessuno aiuterà Antonio nella sua disperata ricerca, ciascuno impegnato a combattere la propria povertà senza potersi permettere il lusso dell’umana compassione.
È interessante notare a questo punto come l’unica fuggevole prospettiva di speranza venga offerta ai due protagonisti proprio dal Monte di Pietà. Quando Maria si affaccia allo sportello dei pegni con le lenzuola del corredo le viene offerta una cifra che lei giudica troppo bassa, 7000 lire. L’impiegato è comprensivo ma le spiega che è roba usata, non può darle di più. Le insistenze di Maria e il suo evidente stato di bisogno spingono però l’uomo ad aggiungere altre 500 lire. Antonio e Maria si recano quindi a un altro sportello per ritirare la bicicletta e se ne vanno a casa insieme, lui pedalando lentamente, lei seduta in canna. Si sorridono. Non ci saranno molti altri sorrisi in questo film.
Le scene del Monte di Pietà occupano una porzione piuttosto piccola del film, eppure sono il nodo attorno al quale gira tutta la questione. È curioso quindi considerare che non vennero girate alla sede storica dell’Istituto, a piazza del Monte di Pietà, ma a via del Corso. Quello che nella finzione scenica passa per l’edificio del Monte è in realtà il più moderno e monumentale Palazzo Cipolla, a quei tempi sede della Cassa di Risparmio di Roma. Altre scene coinvolgono il vicoletto a destra del Palazzo, via dei Montecatini.
Nonostante la veloce apparizione del Monte di Pietà nella pellicola, la permanenza della troupe dentro e fuori Palazzo Cipolla non fu certamente breve e dovette sconvolgere molto la vita lavorativa della Cassa di Risparmio. Con grande cortesia il regista De Sica volle quindi ringraziare la direzione e tutti gli impiegati per la collaborazione durante le riprese, come testimoniato da questo documento conservato nell’archivio storico.
Francesca Garello
Segnatura: Fondo CdR, Sez. VIII. Presidenza e Direzione generale, serie 4. Carteggio della Direzione generale, sottoserie 3. Carteggio dell'anno 1948, fasc. 640.