Le gioie del marchese
Nel 1981 ebbe un grande successo un film di Mario Monicelli intitolato “Il marchese del Grillo”. Magistralmente interpretato da Alberto Sordi, l’eccentrico protagonista era ispirato a un personaggio storico reale, Onofrio del Grillo, marchese di Santa Cristina e conte di Portule. Rispetto alla finzione cinematografica, che colloca la storia alla metà dell’Ottocento, il vero marchese nacque nel 1714 e morì nel 1787. Originario di Fabriano, trascorse però tutta la vita a Roma dove ebbe l’onore di prestare servizio alla corte papale dapprima come sediario, ovvero addetto alla persona del papa nel corso di cerimonie pubbliche, e poi come cameriere segreto soprannumerario, posizione simile a quella di un ciambellano della corte pontificia.
Il marchese del Grillo non finì in un film per caso: da secoli si raccontavano tante gustose storie su di lui, soprattutto relative agli scherzi di cui faceva oggetto nobili e popolani, un miscuglio di realtà e leggende rielaborate poi dalla cultura popolare. La celebre e sfrontata frase attribuita al marchese nel film, “Io so’ io e voi nun siete... ” è tratta in realtà da un sonetto di Gioacchino Belli intitolato “I sovrani der monno vecchio” e scritto del 1832, molti anni dopo la morte del marchese. La reale figura di Onofrio del Grillo resta dunque sfuggente poiché è difficile capire se queste storie siano basate sulla realtà o frutto di fantasia.
L’archivio storico del Monte di Pietà fornisce la prova di almeno uno dei tratti caratteristici del marchese, ovvero la cronica mancanza di soldi. In un documento datato al settembre 1764 e indirizzato al cardinale Giuseppe Maria Castelli, visitatore apostolico del Monte di Pietà, Onofrio cerca di ottenere una proroga alla vendita di certi gioielli da lui impegnati, accuratamente elencati in un foglio allegato. Non si tratta di poca cosa: nove pietre incastonate, due anelli di cui uno con brillanti, orecchini con pendenti. Troppe gioie perché lo squattrinato marchese potesse trovare in breve tempo i denari per riscattarle mentre la scadenza si faceva sempre più vicina, la prima addirittura al 6 di ottobre. Il tono d’urgenza e di velata angoscia si percepisce anche attraverso le poche righe del biglietto, in cui il marchese supplica vivamente la proroga, si raccomanda che sia di almeno tre o quattro mesi, precisando che spera di trovare i denari.
Il regista Monicelli probabilmente non avrà visto questo documento che tuttavia ci restituisce un ritratto del marchese del Grillo non soltanto vivace quanto quello del film, ma anche più reale.
Francesca Garello
Segnatura: Fondo MdP, sezione V. Contabilità, serie 6. Bilanci, reg. 6