MONTE DI PIETÀ DI ROMA

Tipologia Fondo
Data cronica
1484 - 1937
Note
con docc. al 1962

Tipologia

Fondo

Contenuto

Il fondo Monte di Pietà è costituito dalla documentazione ereditata dalla Cassa di risparmio di Roma in seguito all'incorporazione dell'ente pio avvenuta nel 1937. L'arco cronologico della documentazione copre l'intero periodo di attività dell'ente (1539-1937), anche se in alcune serie sono presenti carte di epoca anteriore e posteriore.

È importante comunque sottolineare che anche il complesso documentario del Monte di Pietà risulta molto frammentato e che quindi scarti e dispersioni si verificarono probabilmente anche prima della riforma fine ottocentesca ed interessarono tutte le branche dell'amministrazione, anche quella più importante, rappresentativa e duratura costituita dal Monte dei prestiti. Primi riferimenti a scarti sono contenuti negli statuti del 1617, nei quali era previsto che i bollettini dei pegni riscossi fossero conservati per dieci anni; il deputato responsabile dell'archivio «per ogni anno nuovo di filze di bollettini, che porrà in archivio, doverà levare delli dieci anni precedenti le filze de' bollettini dell'anno più vecchio, e farli abbruciare» (Sez. I, S. 1, fasc. 5, cap. XVIII; provvedimento confermato negli statuti successivi del 1767, ivi, fasc. 7, cap. XVI). Mario Tosi (p. 342) ritiene, inoltre, poco credibile, perché non suffragata da fonti, la notizia data da Donato Tamilia nel 1900 circa la distruzione di parte dell'archivio (libri mastri dell'ufficio dei prestiti) venduto come carta da macero, voluta dal cardinale Aurelio Roverella. In realtà nelle Congregazioni del 20 luglio e 6 agosto 1801, presiedute dal cardinale Roverella, nominato visitatore apostolico con l'incarico di provvedere alla riapertura del Monte di Pietà in seguito alla restaurazione del governo pontificio, si autorizzano i Sindaci a vendere «li libri delle custodie inutili ... come ancora altri che si crederanno inutili» e a scegliere «quelli libri dell'imprestiti, che crederanno utili a tenersi, e gli altri venderli con ritenere le coperte, corami, carte pecore per uso de libri da farsi, o altro» (Sez. I, S. 3, fasc. 33, p. 35). In alcuni fascicoli della serie Carteggio 1871 – 1937, inoltre, sono stati rinvenuti alcuni documenti relativi alla vendita di carta da macero consistente in «buste in cartone ricoperte di carta pecora» dell'archivio segreto e «vecchi registri per uso d'incartare» (Sez. II, S. 3, Ss. 5, fasc. 377.3), «registri e polizze fuori uso» (ibidem, 441.2), «polizze e carta da macero» (ibidem, 459.10), «registri delle agenzie» (ibidem, 472.3). Da segnalare inoltre che nel 1871 il commissario straordinario D'Emarese chiese l'approvazione del Ministero dell'interno per «l'alienazione della carta fuor d'uso», proponendo di conservare le polizze ed i registri relativi all'ultimo decennio. Il Ministero, pur accogliendo la richiesta, invitò il commissario a riflettere sull'opportunità di conservare tutti i registri dell'amministrazione e non solo quelli relativi all'ultimo decennio. L'asta pubblica venne affettuata negli ultimi mesi del 1871, ma non è stato possibile risalire all'esatta tipologia della documentazione scartata (cfr. ibidem, 377.3).

Consistenza rilevata

Consistenza (testo libero)
242 metri lineari

Storia istituzionale/Biografia

Il Sacro Monte della Pietà fu fondato a Roma nel 1539 da Giovanni Calvo (da Calvi in Corsica), al secolo Giovanni Maltei dell’Ordine dei Frati Minori, commissario e, in seguito, ministro generale dei monaci conventuali di S. Francesco presso la curia. Esso nacque come strumento di credito su pegno destinato ai meno abbienti, affinché fosse circoscritto il dilagante fenomeno dell’usura gestito dai banchi privati, secondo la predicazione francescana che in Bernardino da Feltre trovò il principale ispiratore. La sua istituzione fu decretata da Paolo III Farnese con la Bolla Ad sacram Beati Petri sedem del 9 settembre 1539  che ne ribadì la legittimità secondo quanto stabilito dalla X sessione del V Concilio Lateranense e sancito da papa Leone X de’ Medici con la Bolla Inter multiplices del 4 maggio 1515, con cui fu risolta la polemica teologica basata sulla compatibilità tra gli intenti caritatevoli, essenziali per il prestito e fondati su precetti evangelici, e il deposito di un modesto compenso necessario per fini gestionali. L’atto istitutivo stabilì, inoltre, che l’Ente fosse amministrato da una Congregazione formata da religiosi e da dirigenti laici con carica rispettivamente vitalizia ed elettiva annuale, riunitasi per la prima volta l’11 aprile 1540, e che fosse sottoposto al protettorato del cardinale dell’Ordine Francescano, Francesco Quiñones, a cui seguirono Rodolfo Pio di Carpi e Carlo Borromeo che firmò, inoltre, i primi statuti redatti nel 1565 (di cui l’Archivio possiede una copia manoscritta realizzata dal professor Donato Tamilia eseguita sul codice Vaticano latino 6203 custodito presso la Biblioteca Apostolica Vaticana).

Dagli esemplari sia originali che a stampa delle successive riforme statutarie del 1617 e del 1767, sottoscritte dai cardinali Pietro Aldobrandini e Giuseppe Maria Castelli, nominato nel 1760 visitatore apostolico dell’Istituto da Clemente XIII, si rilevano quanti e quali innovazioni introdotte incisero profondamente sul sistema creditizio del Monte. Grazie all’istituzione del Banco dei depositi, decretata da Gregorio XIII Boncompagni con il Breve del 1° ottobre 1584, consultabile in edizione a stampa, l’ente poté beneficiare di un reddito fisso, derivante dall’obbligo di versamento nelle proprie casse di tutti i depositi giudiziari superiori ai cinque scudi, che servì a rafforzare l’attività di credito su pegno con la conseguente riduzione del tasso d’interesse, finché nel 1636 furono concessi gratuitamente prestiti pari a trenta scudi. Con il chirografo dell’11 ottobre 1611 e il Breve del 5 febbraio 1615, Paolo V Borghese autorizzò l’istituto prima a gestire il credito agrario a favore dei proprietari terrieri laziali per cifre comprese tra i mille, i duemila scudi e poi a concedere prestiti anche considerevoli con una bassa percentuale di rendita e dietro garanzia di preziosi alle istituzioni religiose e alle famiglie nobiliari romane, a cui in seguito si aggiunse l’aristocrazia straniera. Di ciò trovano conferma le disposizioni di Alessandro VII Chigi e Clemente XII Corsini, i quali accordarono ventimila scudi alla regina Cristina di Svezia nel 1660 e centomila scudi al principe polacco Luigi Sobieski nel 1732, come si evince dai registri. Destinato dapprima ai bisognosi, l’Istituto incominciò a incamerare sia gioielli, per la cui stima fu creato un laboratorio di ricerche fisiche che, testimoniato da riproduzioni fotografiche, raccolse esperti gemmologi, divenendo in breve tempo leader nel settore, sia importanti opere d’arte che, secondo gli inventari, contribuirono ad arricchire la Galleria del Monte.

L’intensificarsi delle attività di credito su pegno e della raccolta dei depositi, descritte dettagliatamente nei libri mastri e nei libri dei bilanci generali e testimoniate dai numerosi bollettini delle polizze conservati nell’Archivio, pose in rilievo la necessità di garantire all’Istituto locali adeguati che, destinati all’accoglienza del personale specializzato nelle diverse funzioni, di cui si era registrato un effettivo incremento, e alla custodia degli ingenti e preziosi oggetti lasciati a garanzia del prestito, fossero individuati in un luogo strategico e centrale nelle aree di scambio, così da favorire il rapporto con il pubblico e la competizione con i banchi privati. Piazza della Chiavica di S. Lucia, Piazza San Salvatore in Lauro e Via Aracoeli furono alcune tra le sistemazioni provvisorie del Monte che soltanto nel 1585, per volontà di Sisto V Peretti, ebbe la sua prima ed effettiva sede a Palazzo Salimei in Via dei Coronari n. 32 (ribattezzato «Monte Vecchio»), e lì rimase finché Clemente VIII Aldobrandini nel 1604 ne decretò il trasferimento nell’allora Piazza S. Martinello. L’edificio destinato ad accogliere il Monte, costruito nel 1588 da Ottaviano Mascherino per il cardinale Prospero Santacroce Publicola, fu sottoposto a successivi ampliamenti per i quali furono sfruttati gli spazi circostanti occupati dalle case e dalla chiesa di S. Salvatore in Campo, e, arricchito della splendida Cappella dell’Arciconfraternita, espressione dell’arte barocca, divenne la sede definitiva dell’Istituto, influenzando, in seguito, con la propria denominazione, la toponomastica moderna. Un interessante percorso architettonico-urbanistico che è possibile ricostruire attraverso la ricca documentazione, completa di registri e planimetrie, custodita nell’Archivio.

Oltre al Banco dei depositi, che garantì un gettito finanziario considerevole, l’Istituto promosse anche un’attenta politica d’investimenti patrimoniali consistenti sia in titoli pubblici, i cosiddetti «luoghi di monte» vacabili e non, rilasciati dall’organo preposto creato da Clemente X Altieri  con il Motu proprio del 7 gennaio 1675, sia in fondi urbani e rustici, in parte provenienti anche da lasciti ereditari e donazioni, tra cui le tenute presso Perugia, Civitavecchia, Allumiere e Corneto (l’odierna Tarquinia), che l’Ente acquistò nel 1835 dalla Reverenda Camera Apostolica, come confermano i testamenti e gli atti di compravendita. Il conseguente aumento di capitale consentì all’Istituto di accrescere il proprio volume di credito che, erogato per il finanziamento di progetti di carattere edilizio, civile, religioso e benefico con le molteplici iniziative collegate alle grandi occasioni giubilari, ebbe, soprattutto, il merito di sottrarre molto spazio nel mercato dei prestiti ai banchi privati, fino ad arrivare alla loro soppressione nel 1682. Importante fu anche il ruolo svolto dal Monte nella circolazione monetaria attraverso l’introduzione nella piazza romana di «cedole» o «fedi di credito», di cui l’Archivio custodisce numerosi esemplari sia nominativi sia al portatore, che, emessi quali ricevute ai depositanti – tra cui si annoverano aristocratici, imprenditori, ecclesiastici, intellettuali e artisti – e divenuti in seguito biglietti prestampati a taglio fisso e legale, contribuirono a ridurre la pressione inflazionistica provocata dalla mancanza di moneta metallica. Nato, dunque, come «Monte dei prestiti», incentrato su una politica creditizia istituzionalizzata scandita da intenti caritatevoli, nel corso dei secoli l’Ente incamerò una serie di funzioni che contribuirono a ritagliargli un ruolo principale nell’amministrazione pontificia. Dapprima fu creata la Depositeria urbana da Gregorio XIII Boncompagni con il Breve del 24 maggio 1574 e in seguito furono annesse la Depositeria generale della Reverenda Camera Apostolica e la Tesoreria segreta per volere di Benedetto XIV Lambertini con il chirografo del 31 luglio 1743, il quale, inoltre, nel 1749 aggiunse il servizio della Zecca suggellandone, così, il ruolo di Banca Centrale dello Stato. Al Monte fu conferita anche piena autonomia giurisdizionale, sia civile che penale, per i reati commessi dai dipendenti e riguardanti gli interessi dell’Istituto tramite il Motu proprio del 21 agosto 1560, emanato da Pio IV de’Medici, con cui fu designato il cardinale protettore quale giudice ordinario e perpetuo, come testimoniano i registri processuali conservati nell’Archivio, di chiaro interesse per la ricostruzione della giurisprudenza dell’epoca e dei suoi collegamenti con il diritto canonico.

Il consolidato rapporto con lo Stato pontificio fece sì che la crisi politica e finanziaria verificatasi con gli eventi causati dalla rivoluzione francese incidesse sulle attività dell’Ente che, drasticamente sospese, ripresero all’indomani della caduta della Repubblica romana per impulso del cardinale Aurelio Roverella, nominato nel 1800 visitatore apostolico da Pio VII Chiaramonti. In seguito alla nascita del Regno d’Italia, il Monte fu commissariato con il decreto del 7 gennaio 1871 del luogotenente del Re per Roma e le provincie romane, il generale Alfonso La Marmora, che sancì lo scioglimento dell’Amministrazione pontificia e il successivo impianto del nuovo assetto in un’epoca di transizione di cui l’Archivio offre importanti testimonianze. Terminato il periodo d’amministrazione provvisoria, con il R.D.L. 23 agosto 1874, n.2055 (G.U. del Regno 9 settembre 1874, n.215), fu confermata l’attività di credito su pegno dell’Istituto a cui si aggiunsero i servizi di risparmio e d’investimento, finché, nell’ottica di un’ottimizzazione della presenza degli istituti di credito sul territorio laziale, con il R.D.L. 18 febbraio 1937, n. 117 (G.U. del Regno 23 febbraio 1937, n. 45) il Monte fu incorporato nella Cassa di Risparmio di Roma, di cui si possono seguire le singole fasi attraverso i verbali custoditi nell’Archivio.

Da allora la storia del Monte si fonde con quella della Cassa di Risparmio seguendo l‘iter delle vicende bancarie. Nel 1989 la Cassa di Risparmio di Roma si sarebbe unita al Banco di Santo Spirito e successivamente, nel 1992, al Banco di Roma andando a fondare la Banca di Roma. Quest’ultima sarebbe poi confluita, nel 2007, nel gruppo Unicredit. Contestualmente, e in attuazione della Riforma “Amato” e alla separazione tra enti di credito e fondazioni, sarebbe nata la Fondazione Roma, attuale depositaria del fondo e della storia dell’antico Monte di Pietà di Roma (per maggiori dettagli cfr. l’inventario della Cassa di Risparmio di Roma).

Storia archivistica

Gli statuti borromeiani del Monte di Pietà del 1565 ed i successivi riformati del 1581 disponevano che la custodia di tutte le scritture fosse affidata al segretario, il quale doveva compilarne un inventario, «ponendole tutte per ordine di anni, mesi, e giorni, conservandole in uno, ò piu armarii». I più antichi inventari riflettono questo tipo di ordinamento cronologico, per cui all'interno di ogni anno vengono elencate, senza una precisa ripartizione e senza l'indicazione della segnatura, tutte le scritture destinate ad essere conservate nel tempo e concernenti l'attività dei prestiti e dei depositi: libri, rincontri, registri, filze, quinterni, bolle (Sez. IV, S. 8, Ss. 1, fascc. 1-2). Gli statuti successivi del 1617, nel capitolo riservato alla «Custodia de' libri e scritture», stabiliscono che l'incarico di archivista non fosse più affidato al segretario, «il quale si giudica espediente, che sia più tosto un rincontro dell'archivista, che l'istesso archivista», bensì ad uno degli ufficiali, la cui funzione doveva essere quella di conservare i libri «ordinatamente, secondo la qualità delle materie, e le scritture più importanti ne gli armarii», compilandone poi gli inventari, con l'indicazione della collocazione fisica (Statuti del 1617, cap. XVIII). Sempre nei medesimi statuti, inoltre, per la prima volta si fa riferimento all'istituzione di un'amministrazione per il Banco dei depositi, distinta e separata dal Monte dei prestiti, sia per quanto riguarda gli uffici, che le scritture; la necessità di conservare la documentazione prodotta da questa nuova amministrazione, determina la creazione di un archivio separato, di cui sono testimonianza alcuni istrumenti di accettazione dell'incarico di archivista dei depositi (Sez. IV, S. 1, fasc. 17, c. 28r del 24 aprile 1673; Ivi, fasc. 22, c. 51r del 2 settembre 1682; Ivi, fasc. 23, c. 174v del 1° settembre 1694; Ivi, fasc. 27, c. 131r dell’11 settembre 1729 e c. 173v dell’11 febbraio 1731). Nei nuovi inventari (Sez. IV, S. 8, Ss. 1, fascc. 3-4), redatti sulla base di queste disposizioni, i libri risultano ordinati e numerati per serie strutturate sulla base della tipologia del documento, che corrisponde in molti casi anche alla magistratura deliberante o all'ufficio produttore delle carte (“Libri dei decreti delle congregazioni”, “Istromenti”, “Manuali d'atti”, “Entrate e uscite”, “Sicurtà dei bollettini”, ecc..); sono inoltre presenti aggregazioni di documenti in serie con carattere di eterogeneità. Negli inventari, poi, i documenti ordinati per serie, vengono elencati sulla base della loro posizione: ordine, armadio, scansia, credenzone. Nel 1738 un nuovo ed importante assetto dell'archivio del Monte viene affidato a Francesco Maria Magni e ad esso risalirebbe la segnatura in tomi, la prima delle quattro attualmente presenti. Nel documento d'incarico il Magni s'impegna a «comporre l'archivio con fare prima un esatto spoglio delle materie di tutte le scritture, che in esso ritrovansi, e susseguentemente fare il Rubricellone per serie cronologica e titoli separati di tutte le dette materie» (Ivi, fasc. 5); promette inoltre di compilare degli indici di tutti i tomi e di ridurre in tomi tutte le scritture «volanti, e sciolte», mentre le spese necessarie alle legature o all'esecuzione di frontespizi, miniature e intitolazio ni sul dorso dei tomi sarebbero state di competenza del Monte. La successione della numerazione in tomi all'interno delle varie serie riflette questo importante intervento, per cui la documentazione più antica, e quindi già presente in archivio al momento del riordinamento del Magni, presenta una numerazione continua e progressiva, mentre alle scritture che venivano affidate in custodia al deputato archivista in tempi successivi, erano assegnati nuovi numeri di tomo e collocate all'interno delle serie corrispondenti. Ciò spiegherebbe il motivo per cui in una stessa serie possono verificarsi dei salti, talora consistenti, nella numerazione in tomi ma non nella sequenza cronologica dei documenti (indicativa da questo punto di vista la serie delle giustificazioni).  Il criterio di ordinamento e di registrazione introdotto dal Magni viene confermato nel 1766 con un decreto del cardinale Castelli (Sez. I, S. 10, fasc. 1, p. 95), visitatore apostolico incaricato di riorganizzare l'attività del Monte e promotore dei nuovi statuti del 1767. In quest'ultimi si dispone ufficialmente l'elezione di un ministro archivista del Banco dei depositi per «custodire tutti i libri, filze, e scritture, che già esistono nel medesimo [archivio], e tutte le altre, che secondo lo stile di mano in mano vi si anderanno portando [...]» (Ivi, fasc. 7, cap. LXVIII). Sempre nei medesimi statuti, si precisa tuttavia che tra le incombenze del deputato archivista del Monte dei prestiti vi fosse anche quella di custodire «lo spoglio de' libri del Banco» (Ibidem, cap. XVI) e questo spiegherebbe la presenza, ancora oggi, di importanti registri di riscontro della contabilità dei depositi nell'archivio del Monte dei prestiti, ordinati anch'essi in tomi. Un nuovo richiamo al capitolo XVI degli statuti del 1767 ed al principio in esso affermato dell'importante ruolo svolto dall'archivio segreto ai fini del deposito e della conservazione delle carte, è contenuto in un regolamento del 1822; a causa infatti di varie irregolarità occorse nella gestione dell'archivio e di dispersioni dovute alla mancata consegna della documentazione da parte dei responsabili dei diversi uffici, vengono elaborate una serie di disposizioni per il corretto funzionamento dell'archivio rivolte al ministro responsabile, il quale «dovrà custodire, riporre le carte a lui consegnate nell'Archivio sud. secondo l'ordine dei tempi, come del pari dovrà essere a di lui incarico di dividere le materie in tomi distinti forniti di Indice rispettivo, dovendone notare l'estratto in succinto per trascriverlo nel Rubricellone generale dell'archivio, a tenore di quanto venia anche per l'innanzi praticato» (Sez. I, S. 6, fasc. 3, p. 285). La segnatura in tomi è parte integrante dell'intitolazione originaria dei volumi sui quali è presente e si riscontra circa fino al 1830, mentre il Rubricellone predisposto dal Magni continuò ad essere aggiornato fino al 1874. La seconda segnatura, alfanumerica, utilizza le lettere dalla A alla Z, con alcune lacune; una stessa lettera può comprendere serie diverse senza interruzioni nella progressione numerica, mentre, viceversa, in una stessa serie può comprendere più lettere (cfr. Sez. II, S. 1). Le etichette con la lettera Z, tuttavia, sono state apposte successivamente e presentano una stretta analogia con la quarta segnatura. La terza, numerica, riprende ad ogni serie. Questi ultimi due tipi di segnatura risultano apposti contemporaneamente per l'ultima volta nella serie Giustificazioni (1874) e si conformano, in linea di massima, all'ordinamento delle serie in tomi. Traccia di questi due riordinamenti si può rinvenire con ogni probabilità nell'accenno fatto nel Resoconto morale dell'amministrazione del Monte di Pietà di Roma aggiunto al bilancio consuntivo dell'anno 1899 (cfr. Sez. V, S. 18, fasc. 26), in cui si riferisce di un riordinamento «dell'archivio segreto dell'istituto» in via di compimento con cui «la classificazione venne fatta per ordine cronologico e per materia» (non è stato possibile stabilire l'entità e la modalità di questo intervento, che comunque può essere messo in relazione con le segnature sopra citate). La quarta segnatura, anch'essa numerica, è presente, con alcune eccezioni, sull'intero complesso documentario; manca su diverse unità archivistiche - probabilmente per distacco dell'etichetta - e nel caso di qualche serie - da attribuire forse alla conservazione in luoghi diversi della documentazione. Questa segnatura risale con molta probabilità agli anni '60 e si riscontra in un elenco di consistenza/inventario topografico presente in archivio. Nelle serie del Carteggio sono state rilevate, per un numero molto esiguo di fascicoli e buste, altre due segnature di epoca ottocentesca.

La sede degli archivi dell'istituto è stata dapprima il palazzo del Monte di Pietà (già dei Santa Croce) situato nella omonima piazza ed in seguito il palazzo Barberini in via dei Giubbonari, acquistato nel 1759 per trasferirvi l'amministrazione del Banco dei depositi ed il relativo archivio (cfr. Sez. I, S. 3, fasc. 25, c. 40v). Nel 1872 si dispose invece di nuovo il trasferimento delle carte dal palazzo dei depositi a quello dei prestiti di piazza Monte di Pietà. Nel 1937, in seguito all'incorporazione nella Cassa di risparmio di Roma, l'archivio del Monte di Pietà confluì in quello della Cassa; quest'ultima ne ereditò anche le funzioni e, per lo svolgimento di determinati affari e la liquidazione di pratiche pendenti, molti nuclei documentari dei due istituti furono unificati. Ciò determinò la rinumerazione e, in molti casi, anche una nuova condizionatura di documentazione originariamente di pertinenza del Monte, che invece è entrata ed è attualmente parte integrante del fondo Cassa di risparmio di Roma.


L'agenzia di piazza Monte rimase la sede dell'Archivio storico, anche se nel corso degli anni parte della documentazione subì alcuni spostamenti. intorno alla metà degli anni '70 del '900 alcune serie dei secoli XIX-XX furono trasferite da un'agenzia di Grottaferrata in un deposito della via Casilina e solo nel 1997 tornarono presso la sede precedente.

L’articolata storia delle fusioni tra diversi istituti di credito, descritta nel capitolo precedente, ha avuto come conseguenza la momentanea creazione di un unico e vasto complesso archivistico, depositario della documentazione prodotta da Monte di Pietà di Roma, Cassa di Risparmio di Roma, Banco di Santo Spirito e Banco di Roma e gestito unitariamente dalla Banca di Roma. A seguito della fusione di quest’ultima con Unicredit e per scongiurare che le carte seguissero l’iter della fusione bancaria, con conseguente trasferimento a Milano (dove attualmente si conservano gli archivi del Banco di Roma e del Banco di Santo Spirito), nel 2010 il fondo del Monte di Pietà di Roma insieme a quello della Cassa di risparmio di Roma sono stati concessi in comodato d’uso da Unicredit alla Fondazione Roma, che attualmente li conserva presso la sua sede a Palazzo Sciarra (Roma).

In data 18/01/1993 l’archivio è stato dichiarato di notevole interesse storico da parte della Soprintendenza per i beni archivistici del Lazio.

Modalità di acquisizione

Comodato d'uso tra Unicredit e Fondazione Roma, stipulato nel 2010.

Criteri di descrizione

Il sistema di descrizione archivistica utilizzato per la schedatura segue le norme standard internazionali ISAD - International standard archival description.

Criteri di ordinamento

Nel 2001 l’archivio è stato sottoposto a un approfondito lavoro di riordinamento e schedatura coordinato da Paolo Gaballo e Fabio Del Giudice e curato da Luciana Devoti e Elena Polidori. Il progetto di inventariazione ha previsto una verifica e revisione puntuale del materiale oggetto di una precedente schedatura (1996); la schedatura analitica della documentazione, ai fini di un riordinamento delle serie in rapporto alle diverse amministrazioni del Monte di Pietà ed agli uffici ad esse competenti, con riorganizzazione della documentazione di non chiara attribuzione. Tale intervento ha previsto l'integrazione delle carte di pertinenza del Monte di Pietà non comprese nel precedente lavoro di schedatura, parte delle quali provenienti dal fondo Cassa di risparmio di Roma e parte rinvenute in alcuni contenitori e cassettiere nei locali dell'Archivio storico. Particolare attenzione è stata inoltre rivolta allo scioglimento e riorganizzazione delle diverse serie miscellanee non originali presenti in archivio ed all'analisi e approfondimento della struttura interna del carteggio. Si è provveduto al ricondizionamento in nuovi fascicoli e unità di conservazione di parte del materiale, alla numerazione delle unità archivistiche con inserimento di cartellini segnaletici indicativi della struttura e delle articolazioni del fondo ed alla ricollocazione fisica della documentazione. Il riordinamento delle carte è stato eseguito sulla base dei principi e dei criteri propri del “metodo storico”, tesi a ricostituire l'organizzazione originaria dell'archivio «secondo le articolazioni in serie e le forme di aggregazione dei singoli documenti quali erano state determinate dalle finalità e dalle funzioni dell'ente» (P. Carucci, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione, Roma, NIS, 1990, p. 219); lì dove, a causa di numerosi rimaneggiamenti, dispersioni e commistioni arbitrarie di carte, non è stato più possibile ricuperare l'antico sistema di archiviazione, è stato rispettato l'ultimo ordinamento applicato, se individuabile, o ancora si è proceduto ad aggregare la documentazione all'interno di raggruppamenti desunti dallo studio e dall'organizzazione dell'ente.

Struttura

La documentazione si articola in otto sezioni e undici sottosezioni, contraddistinte da numerazione a cifre romane, e da 100 serie, contrassegnate da cifre arabe. Per le diverse aggregazioni di documenti, si è adottato il criterio di numerazione 'aperta', per cui il numero attribuito alle serie all'interno delle sezioni, alle sottoserie e sottosottoserie all'interno delle corrispondenti serie e alle unità archivistiche, ricomincia sempre da 1.

 

  • Sezione I Amministrazione
  • Sezione II Direzione generale
  • Sezione III Atti giurisdizionali
  • Sezione IV Gestione
  • Sezione V Contabilità
  • Sezione VI Carte diverse
  • Sezione VII Piante e disegni
  • Sezione VIII Enti incorporati

Fonti collegate

Fondo Monte di Pietà, date: 1585-1873, consistenza: Registri 1185, buste 491, soggetto conservatore: Archivio di Stato di Roma. L'archivio riguarda soltanto la sezione relativa al banco di deposito: http://ricerca.archiviodistatoroma.beniculturali.it/OpacASRoma/guida/IT-ASROMA-AS0001-0002381

Bibliografia

Donato Tamilia, Il sacro Monte di Pietà di Roma. Ricerche storiche e documenti inediti. Contributo alla storia della beneficenza e alla storia economica di Roma, Roma, Forzani e C. Tipografi del Senato, 1900; Mario Tosi, Il sacro Monte di Pietà di Roma e le sue amministrazioni (1539-1874), Roma, Libreria dello Stato, 1937; Cenni storici sul Monte di Pietà, a cura di Giulio Balis-Crema e Raul Lunardi, in Archivi storici delle aziende di credito, 2 voll., Roma, 1956, I, pp. 561-571; Carlo M. Travaglini, Il Monte di Pietà di Roma in periodo francese, Verona, 1988; Giorgio Rossi, Sovvenzione e corruzione. Il Monte di Pietà di Roma e il flagello delle cavallette nel secolo XVIII, “Roma moderna e contemporanea”, anno I, n. 2, maggio-agosto 1993; Marina Carta, Palazzo del Monte di Pietà di Roma, Roma, Palombi, 1994; Federico Arcelli, Genesi e consolidamento di un esempio di intervento pubblico nell’economia: Il Sacro Monte di Pietà di Roma, in Corporazioni e gruppi professionali a Roma tra XVI e XIX secolo, a cura di Carlo M. Travaglini, “Roma moderna e contemporanea”, anno VI, n. 3, settembre-dicembre 1998; Idem, Gli statuti del 1581 del Sacro monte di Pietà di Roma, Soveria Mannelli, Rubettino, 1999; Idem, Il Sacro monte di Pietà di Roma nel XVI secolo (1539-1584): dalla costituzione del Monte all'assegnazione del Banco dei depositi, Napoli, Editoriale scientifica, 2001; Rossella De Rita, Il Monte di Pietà di Roma: credito e beneficenza alla fine dell'Ottocento, Roma, Progetto cultura, 2011; Tanja Skambraks, Karitativer Kredit. Die Monti di Pietà, franziskanische Wirtschaftsethik und städtische Sozialpolitik in Italien (15. und 16. Jahrhundert), Franz Steiner Verlag, Stuttgard, 2023, pp. 174-77; Pietro Delcorno, Irene Zavattero (a cura di), Credito e Monti di Pietà tra Medioevo ed età moderna, un bilancio storiografico, Bologna, Il Mulino, 2020.

Persona

Ente