Un re inglese alla corte papale

Instrumento di concessione di un prestito su pegno a Giacomo III Stuart (23/08/1745)
Instrumento di concessione di un prestito su pegno a Giacomo III Stuart (23/08/1745)

Tra le carte del Monte di Pietà troviamo un personaggio davvero inaspettato. Si tratta del re inglese Giacomo Stuart, o più precisamente James Francis Edward Stuart. Accanto al suo nome troviamo ben due numerali: fu infatti Giacomo III d’Inghilterra e Giacomo VIII di Scozia, allora due troni distinti.


Nell’archivio storico del Monte di Pietà si conserva un documento datato 23 agosto 1745 con cui l’istituto concede al monarca inglese un prestito su pegno per ben centomila scudi. Una cifra talmente enorme che per versarla fu necessaria una precisa disposizione del papa Benedetto XIV, un chirografo emanato due giorni prima, anch’esso custodito in archivio.


Una cifra degna di un re, si potrebbe dire. In realtà Giacomo passò la vita a rivendicare i due regni senza mai assicurarsi il trono, tanto da meritarsi il soprannome di Old Pretender, il vecchio pretendente. A Roma trovò accoglienza e conforto e, per un breve periodo, anche la speranza di recuperare un regno.


Giacomo era nato in un momento problematico. Era il 1688 e suo padre, Giacomo II e VII, si era da poco convertito al cattolicesimo. Dunque il suo erede, nato dopo la conversione, fu battezzato con il rito cattolico. In un’Inghilterra fortemente protestante farsi cattolico voleva dire rischiare il trono, e infatti Giacomo II fu deposto pochi mesi dopo la nascita di suo figlio nel corso della cosiddetta “gloriosa rivoluzione”. Solo il coraggio della madre, Beatrice d’Este, salvò il piccolo Giacomo: travestita da lavandaia la regina lo portò in Francia dove si sistemarono alla corte del cugino Luigi XIV. Giacomo fu ovviamente escluso dalla successione e gli fu preferita la sorella maggiore, Maria, che benché donna era nata invece anglicana. Nel 1701, alla morte del vecchio Giacomo II, una legge appositamente promulgata, l’Act of Settlement, proibì a qualunque monarca di fede cattolica di sedere sul trono, cancellando per sempre qualunque speranza di rivendicazione per Giacomo.


Le monarchie cattoliche tuttavia gli riconobbero subito i diritti dinastici. La prima fu ovviamente la Francia, a cui seguirono Spagna, Ducato di Modena e Reggio (da cui veniva sua madre) e naturalmente lo Stato pontificio.


Alla morte di Luigi XIV, nel 1715, Giacomo perse il suo potente protettore e dovette lasciare la Francia. Fu così che si diresse nello Stato pontificio e nel 1719 si stabilì a Roma. Fu accolto benevolmente dal papa Clemente XI, che gli concesse il diritto di tenere una propria corte, e dai suoi successori che elargirono altri privilegi: Innocenzo XIII gli attribuì un vitalizio di ottomila scudi e gli assegnò un proprio nipote come gentiluomo di camera; Benedetto XIV nominò cardinale suo figlio minore, Enrico Benedetto.


Forte di questa posizione Giacomo rinnovò i suoi tentativi di riconquista del trono. Nell’agosto 1745 ritentò un nuovo sbarco in Scozia inviando il proprio primogenito, Carlo Edoardo, a condurre una campagna di riappropriazione. Questa diede origine alla cosiddetta “insurrezione giacobita” nei territori scozzesi e inglesi.


In questo contesto si inserisce con perfetta logica l’enorme prestito richiesto al Monte di Pietà dal re in esilio. Le guerre costano, si sa. E l’appannaggio annuale di ottomila scudi di cui Giacomo si giovava non poteva bastare ad armare quella che doveva essere una vera e propria rivoluzione.


Trovandosi dunque in “urgentissime indigenze”, come si legge nel documento, il re ricorse al prestito mediante pegno del Monte di Pietà.


Forse per agevolare il rientro nella comunità cattolica di un regno tanto importante come quello inglese, a Giacomo fu concessa una cifra finora mai elargita dall’Istituto. Per fare un paragone regale, alla celebre Cristina di Svezia, ottant’anni prima, erano stati prestati “solo” ventimila scudi.


A fronte di questo prestito il re impegnò parecchi gioielli, debitamente elencati nel documento, tra cui spicca una spada d’oro guarnita di diamanti e pietre preziose che fu valutata sedicimila scudi. La stima di oggetti tanto preziosi fu affidata a due periti gioiellieri, uno nominato dal Monte di Pietà e uno dal re.


Ben equipaggiato, quindi, il giovane Carlo Edoardo con i suoi alleati francesi sbarcò sulle coste scozzesi, regione di simpatie cattoliche, dove raccolse diversi alleati tra i clan locali. E per un po’, forse, Giacomo poté sognare di salire finalmente su un trono. L’anno successivo, tuttavia il sogno si infranse contro la dura realtà: Carlo Edoardo fu sconfitto il 16 aprile 1746 dalle truppe britanniche che assoggettarono poi anche i clan scozzesi. Il giovane sconfitto riparò in Francia e tornò poi in Italia. Come il padre rincorse tutta la vita un trono che non afferrò mai, meritandosi a sua volta il soprannome di Young Pretender, il giovane pretendente.


Giacomo III morì a Roma il 1° gennaio 1766, e con tutta probabilità non riscattò mai tutti i suoi gioielli. La sua popolarità presso la corte papale declinò a partire dall’elezione di Clemente XIII, nel 1758, che gli sospese il vitalizio. Ebbe però l’onore di essere sepolto in San Pietro con un monumento funebre magistralmente scolpito da Antonio Canova.


Francesca Garello

Segnatura: Fondo MdP, Sez. IV. Gestione, serie 1. Istrumenti, fasc. 29, cc. 43r e sgg.